sabato 17 febbraio 2018

POLITICA Il caso Mancati confronti Addio duelli tv ora i leader parlano da soli Salta anche l’unica sfida prevista: Salvini rinuncia al match con Renzi GOFFREDO DE MARCHIS

Salta anche l’ultimo possibile duello tv. Finisce nel tritacarne delle battutine, delle ripicchette e dei post sui social, dove i leader si rifugiano sempre più spesso, soli nella rete a spararsi parole uno contro l’altro. Matteo Salvini si sfila dal confronto con Matteo Renzi atteso per martedì a Porta a porta. La batteria di fuoco del Pd naturalmente lo accusa di «scappare», di «avere paura». Le formule di rito. Il leader della Lega taglia corto e non fa nemmeno finta di avere di meglio da fare: «Io guardo al futuro e non perdo tempo con chi ne ha avuto fin troppo. Se vuole ci vediamo in piazza a Bologna, dove il Pd perde colpi».
La reazione del Partito democratico non riesce a nascondere il dato di fatto, certificato dagli ultimi pronostici: Renzi è in svantaggio. Così gli capita di incorrere nella maledizione dell’inseguitore.
Lui cerca la sfida televisiva per recuperare terreno, gli altri lo snobbano per evitare che succeda.
In teoria il duello tv è quasi un servizio pubblico, dovrebbe schiarire le idee a chi sta seduto in poltrona, tanto più quando la quota di astenuti e indecisi tocca il 38 per cento. In altre democrazie è il momento clou della campagna elettorale.
Sottrarsi significa perdere credibilità, arrivare preparati sui programmi e non sulle polemiche vuol dire rispettare gli elettori. È l’appuntamento giusto per rispondere alla domanda che gli analisti americani mettono al secondo posto come requisito per correre alle elezioni: perché mi candido? Al primo posto c’è il curriculum del candidato. In Italia invece il duello è solo una delle armi da sfruttare nella corsa al voto.
Come una promessa. Se conviene si fa. Se non conviene si tace.
È già successo. Il campione dell’alternanza e del bipolarismo Silvio Berlusconi è stato il primo a sfruttare l’arte della fuga. Lo ha fatto ogni volta che era avanti nelle previsioni. Rinunciò al duello nel 2001 contro Francesco Rutelli. Si ripetè nel 2008 contro Walter Veltroni. L’unico disposto a rischiare fu Romano Prodi nel 2006. Accettò la sfida e la perse all’ultimo secondo, quando il Cavaliere, a tempo scaduto, lanciò la proposta di abolire il bollo auto, ricorrendo alla simbologia del taglio delle tasse. Prodi vinse lo stesso ma di pochissimo. Cadde due anni più tardi.
Ci sono alcuni elementi che giustificano la rinuncia. La legge elettorale non prevede candidati premier, dunque il faccia a faccia sarebbe tra leader di partito. Questo è un motivo legittimo, al limite comprensibile. Si aggiunge però il dibattito confuso di questi giorni in cui diventa scontato immaginare un voto senza vincitore, un governo senza maggioranza e addirittura la conferma implicita dallo status quo, ovvero la prosecuzione sine die dell’attuale esecutivo, come se il parere degli elettori contasse poco o non potesse riservare sorprese. Ne sta risentendo una campagna elettorale che è stata definita “sghangherata”. E si riflette anche sull’evento principe delle corse elettorali: il confronto televisivo.
Solo Otto e mezzo è riuscito ad ospitare il duello tra Laura Boldrini e Salvini. Un sottoclou si direbbe nel gergo del pugilato.
Anche Luigi Di Maio, dopo aver lanciato il guanto di sfida, è tornato sui suoi passi: a novembre doveva sfidare Renzi da Giovanni Floris, poi qualcuno gli spiegò che nella logica del “primatista” era un errore marchiano e rinunciò. Oggi prende in giro postando il video de “La solitudine”, canzone di Laura Pausini, riferito a Renzi.
Il segretario del Pd ne approfitta, su Facebook, per attaccare i rivali anche a costo di apparire “rosicone” (uno che non accetta le scelte altrui). «Riepilogo situazione confronti TV. Salvini non fa confronti con me perché lui non ha tempo per la TV, deve fare i comizi in piazza - scrive -.
Di Maio perché io non ho il suo stesso status. Berlusconi perché i confronti li fa solo con Vespa e i ricordi del suo passato. Per noi cambia poco: saremo il primo partito. Ma colpisce l’assurdità di un dibattito politico senza confronti tv. Benvenuti nella campagna elettorale italiana del 2018». Ma nel balletto di accuse e controaccuse è proprio il caso di dire: nessuno è perfetto.

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