Grande partecipazione nella Cattedrale della
Almudena per le esequie della co-iniziatrice del Cammino Neocatecumenale,
presiedute dall’arcivescovo Carlos Osoro Sierra
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LUGLIO 2016 SALVATORE CERNUZIO CHIESA E
RELIGIONE
Una grande festa. Una cerimonia tutt’altro che funebre, ricca di canti, letture, persone. Il giusto modo per celebrare la nascita al Cielo di una donna che per anni ha annunciato in giro per il mondo la vittoria di Cristo sulla morte. È stato questo il funerale di Carmen Hernández, co-iniziatrice del Cammino Neocatecumenale, scomparsa lo scorso 19 luglio a 85 anni, che si è celebrato oggi nella Cattedrale dell’Almudena di Madrid.
Presiedute
dall’arcivescovo della capitale spagnola, mons. Carlos Osoro Sierra, le esequie
hanno visto una grande partecipazione di vescovi spagnoli, cardinali, sacerdoti
e naturalmente dei membri e degli itineranti di questa realtà di formazione
cristiana conosciuta come Cammino Neocatecumenale, a cui lei stessa ha dato il
maggior impulso.
Una
semplice laica, Carmen, che non ha mai avuto la pretesa di erigersi a santona o
profetessa, ma che aveva compreso che l’unica cosa che conta nella vita è
salvare gli uomini annunciandogli la verità, e cioè l’amore di Dio. Quell’amore
che la colpiva e commuoveva sin da bambina mentre studiava coi gesuiti; che ha
poi scoperto, a sorpresa, nella giovinezza mollando ogni progetto di vita per
seguire Kiko Argüello in mezzo ai poveri. L’amore di cui ha saputo cogliere
ogni simbolo nella Liturgia cristiana, approfondita durante gli studi con
i migliori liturgisti, e in quella ebraica, sviscerata durante i suoi continui
viaggi in Terra Santa. Quell’amore che da adulta ha annunciato a migliaia di
ragazzi e soprattutto ragazze di ogni epoca durante le Giornate Mondiali della
Gioventù e che da anziana, seppur malata, ha saputo testimoniare rimanendo a
letto in preghiera.
Per
questo il Papa, nel messaggio di cordoglio inviato in occasione dei funerali a
Kiko Argüello, ne parla come di una donna “animata da sincero amore alla
Chiesa, che ha speso la sua vita nell’annuncio della Buona Novella in ogni
ambiente, anche, quelli più renitenti, non dimenticando le persone più
emarginate”.
Perché è
proprio lì, tra i poveri, che Carmen “ha sperimentato la grazia trasformatrice
della Parola di Dio”, come ha sottolineato mons. Osoro nella sua omelia. La
Parola di Dio – ha affermato il presule – “ci provoca a uscire per essere
annunciata a tutta l’umanità”, come hanno fatto Pietro, Giovanni e Giacomo;
essa “ci fa vivere una realtà essenziale, che tocca i fondamenti della vita e
della storia”.
Questo
spiega lo ‘spendersi’ di Carmen lungo tutta la sua esistenza: per l’annuncio
cristiano e per dare forma e perfezionare sempre di più questa realtà che amava
definire frutto del Concilio Vaticano II e non movimento o associazione. Una
realtà, ha detto Osoro Sierra, che negli anni è divenuta “nuovo cammino di
incontro con Cristo e la sua Chiesa” basata sul tripode: “Parola, liturgia,
comunità”.
L’arcivescovo
di Madrid ha voluto offrire poi un messaggio di consolazione a tutti coloro che
piangono la scomparsa di Carmen Hernández, a cominciare da Kiko che si è detto
“addolorato” per questa perdita nonostante “ora Carmen è felice”. “Il
Signore distruggerà per sempre la morte, asciugherà le lacrime da ogni volto
cancellerà l’obbrobrio dalla terra”, ha detto il presule ai presenti in
Cattedrale. “L’essere umano – ha aggiunto – ha parole e soluzioni mentre vive
in questo mondo, ma non ha soluzioni né parole per la morte. Davanti alla
morte, tutto ciò che possiamo dire è: ‘Vi accompagniamo in questo dolore’.
Inoltre, tutti sappiamo che prima o poi moriremo”.
Il
Signore, però – ha affermato l’arcivescovo Osoro – “ci rivela anche un grande
mistero: la morte è stata sconfitta” dal suo Figlio Gesù Cristo, colui che
senza peccato “si è rivelato nella nostra esistenza con un volto che ci guarda
con immensa misericordia”. Proprio questa “certezza nella
resurrezione – ha aggiunto – ha provocato in Carmen una spinta missionaria
irresistibile. Lei ha sentito il desiderio di dare una testimonianza valorosa
con un carattere franco e un linguaggio diretto ha vissuto tutto questo con un
grande amore per la chiesa soprattutto nella redazione dello Statuto del
Cammino approvato dalla Sede apostolica”.
Parole
appassionate, queste del pastore di Madrid, come quelle pronunciate al termine
del rito da padre Mario Pezzi, il terzo responsabile del Cammino a livello
internazionale. Sopperendo ad Argüello che, per la troppa emozione, è riuscito
a pronunciare solo un breve discorso, il sacerdote ha ripercorso velocemente le
tappe salienti della vita di Carmen e del suo impegno per la Chiesa e il
Cammino, sempre con Kiko a fianco.
“Sono
molto grato al Signore per avermi chiamato anche senza merito a collaborare con
Kiko e Carmen per quasi 45 anni” ha detto, “penso che gli storici
approfondiranno un giorno il fatto che una realtà ecclesiale sia stata fondata
da un uomo e una donna insieme… Ci sono stati altri santi ma non con questa
convivenza per tutti questi anni”.
Quanto a
Carmen “è stata innamorata di Dio”, ha sottolineato padre Pezzi. “Già da
piccola gli aveva conquistato il cuore, voleva partire per l’India tanto da
scappare di casa”. Lei “è stata provvidenziale per il Cammino, questa avventura
che gli ultimi Papi hanno definito una realtà non fatta da uomini”.
Grazie
alla sua preparazione teologica e liturgica, approfondita prima e dopo il
Concilio, grazie al suo intuito e anche alla sua caparbietà, Carmen “ha dato il
dono di plasmare il Cammino, i passaggi, le comunità”, “ci ha fatto riscoprire
le nostre radici”. “Sono testimone di aver accompagnato quest’opera del
Signore” ha detto padre Mario, “lei ha combattuto molto per quello che era
fondamentale per il Cammino: recuperare la Veglia pasquale per tutta la notte.
Anche Papa Francesco, incontrando recentemente dei vescovi di Santo Domingo, ha
detto che uno dei meriti del Cammino è stato proprio di recuperare la Veglia in
tutto il suo splendore, com’era all’interno del Concilio”.
Ma
Carmen “ha combattuto anche perché il Cammino non si trasformasse in
un’associazione laicale e che fosse riconosciuto dalla Chiesa per quello che è:
un aiuto all’iniziazione cristiana nella parrocchia”. Inoltre, proprio la sua libertà nel rapportarsi
a Kiko “ha aiutato molte donne ad essere libere con i loro mariti, a dire la
verità” e “a capire che l’amore, come affermava Benedetto XVI e poi Francesco
nella Amoris Laetitia, è rispetto dell’alterità”, ha rimarcato il sacerdote.
Che ha
chiesto allora di “approfittare del kairos per chiedere grazie e miracoli”
a questa donna di fede: “Non possiamo chiamare Carmen santa, ma possiamo
approfittare per chiedere grazie” ha detto, rassicurando Kiko sul fatto che
“dal Cielo non lo lascerà in pace e continuerà ad aiutarlo”.
Infine
don Francesco Voltaggio, rettore del seminario Redemptoris Mater di Galilea, ha
letto un messaggio di condoglianze inviato dal rabbino Levy Izhak Rosenbaum, segretario
e fondatore del Congresso nordamericano rabbinico, che aveva conosciuto Carmen
Hernández personalmente durante la Convivenza dei rabbini alla Domus Galilaeae
del maggio 2015. “Carmen era veramente il cuore
del Cammino con la sua passione e con il suo spirito” scrive Rosenbaum, “lei
era una donna santa con una visione profetica per i figli di Dio. Pregherò per
lei un kaddish nei servizi sinagogali, affinché Dio consoli il cuore afflitto
di Kiko, dove Carmen trova ora una immortalità singolare”.
Sulle
note del canto a lei tanto caro, intitolato proprio Carmen
’63, musicato da Argüello sulle parole del
poeta indiano Rabindranath Tagore, il feretro è stato accompagnato quindi fuori
dalla Cattedrale. Non prima che tutti i presenti vi potessero rendere omaggio;
per primo Kiko che, commosso e in ginocchio, ha dato con un bacio l’addio a
colei che per circa 50 anni è stata sua compagna di evangelizzazione ‘fino agli
estremi confini della terra’.
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