domenica 11 febbraio 2018

ROBINSON P S I C O L O G I A D ’ A U T O R E Così cancelleremo l’età della vergogna

Ma dove rischia di farci sbattere il fenomeno dei figli-Narciso?
Gustavo Pietropolli Charmet, grande psichiatra, un’idea per salvarci ce l’ha: con i nostri ragazzi
Incontro di Marco Belpoliti, illustrazione di Gabriella Giandelli
Mi riceve a casa sua. Un problema al ginocchio ora non gli permette di camminare. Prima di me pazienti in seduta, colleghi per riunioni, amici. Gustavo Pietropolli Charmet è uno che non sta mai fermo. Sempre su e giù per l’Italia per incontrare operatori sanitari, educatori, psicologi, assessori e ministri. Si è speso in questi anni come pochi altri psichiatri. Ha creato il centro Minotauro a Milano, che si occupa di adolescenti e terapie famigliari. Ha scritto libri, partecipato ad assemblee in scuole, con ragazzi e adulti. Quando l’ho conosciuto andava avanti e indietro dalla Valle d’Aosta, dove aveva realizzato un centro dedicato ai ragazzi che avevano tentato il suicidio, perché si è occupato anche di questo. Probabilmente proprio quest’attività è servita a mettere a punto il tema centrale della sua riflessione psicoanalitica, che ritorna nell’ultimo volume in uscita da Laterza, L’insostenibile bisogno di ammirazione: il passaggio da Edipo a Narciso nell’universo degli adolescenti. « Finita l’epoca della colpa», spiega seduto davanti a un’immensa libreria, «è cominciata quella della vergogna. Il vecchio modello educativo, durato fino agli anni Cinquanta, era improntato alla severità; c’era la convinzione che il bambino avrebbe commesso inevitabilmente trasgressioni sia di natura sessuale che aggressiva, lasciandosi dominare dalla sua natura pulsionale. Finito quel modello è apparso il bambino naturalmente buono, che i genitori cercavano di curare e incentivare in ogni modo: tanti Narcisi. Dal senso di colpa, fondato sul conflitto, s’è passati alla vergogna». E perché ci si deve vergognare? « Perché non si è più guardati, ammirati, perché il mondo non ti corrisponde più. Lo sguardo dell’altro, e in generale lo sguardo sociale comunque somministrato, anche in forma virtuale, è il regista indiscusso dell’eventualità di cadere in vergogna o invece, al contrario, di essere oggetto d’ammirazione». Come mai nel suo libro non parla di narcisismo ma piuttosto di ammirazione, termine non analitico? « Ho preferito ai termini psicologici un’altra definizione: ammirazione. In assenza di una griglia etica che pone dei limiti come nella società che ci siamo lasciati alle spalle, l’Io rimane in rapporto con i desideri, che non sono ovviamente solo negativi, ma anche positivi. L’ammirazione consiste in un aggancio visivo con gli altri, con il mondo. Si va a cercare l’ammirazione ovunque. Se non la trovi, se non la susciti, provi vergogna. C’è quindi il suicidio degli adolescenti, ma anche quello del giovane terrorista, che s’immola per la sua fede religiosa».
Il meccanismo è lo stesso? «Via il padre, scomparsa la figura genitoriale, il Super Io, non sono arrivate le donne, le madri, a riempire questo vuoto di potere e di comando, a dare delle griglie etiche, e neppure i fratelli hanno sostituito il Padre. Non c’è nessuno che sia più credibile. Guardi la scuola, le difficoltà che incontrano gli insegnanti. Tutti i Sé esprimono i loro desideri e vanno là dove questi spingono, prima di tutto il desiderio di ammirazione. Se non si riesce, subentra la vergogna». Nel libro, oltre a una teoria del presente, Pietropolli Charmet racconta alcune storie tratte dalla sua pratica analitica. Una in particolare colpisce: il racconto di un ragazzo che si vuole suicidare impiccandosi davanti alla scuola per punire i compagni per la vergogna provata. Pietropolli Charmet ha un approccio positivo ai problemi. Sentendolo parlare si capisce che possiede una forma di ottimismo e insieme una sorta di realismo. Ti sorprende con le sue affermazioni, che nascono da qualcosa di profondo. La sua origine veneziana, levantina, si unisce con il pragmatismo di Milano, città dove vive e lavora da anni. S’è occupato di anoressia femminile e della crisi degli adolescenti maschi. Nel libro ci sono pagine su questo, sui ragazzi, e sui genitori che non li capiscono. « I maschietti provano la paura di essere brutti, loro che non sono più capaci di fare paura: il bullismo ha questa radice, è una ricerca di ammirazione. Ma anche le ragazze anoressiche, che spesso sono belle,vogliono uccidere la loro bellezza, vogliono dominare il corpo con la mente, essere brutte; lottano contro la seduzione che il loro corpo bello promana».
L’ammirazione che si ricerca, spiega, non riguarda le competenze o abilità, riguarda il Sé, non il ruolo sociale o il mestiere che si è chiamati a svolgere. Sono pagine che non colpevolizzano nessuno; vogliono mostrare i problemi che come adulti, genitori, educatori abbiamo oggi. Pietropolli Charmet m’accompagna alla porta. Forse arriveranno altri visitatori, anche se fuori è oramai buio. ?

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