Le lettere di Berlicche hanno reso il nome di Lewis noto a milioni di lettori in tutto il mondo. Per un’ispirazione improvvisa, all’uscita di una chiesa, una domenica mattina d’estate, si configurò nella mente dell’autore qualcosa che, per dirla con le sue stesse parole, «potrebbe essere sia utile sia divertente ... e consisterebbe in una serie di lettere che un vecchio diavolo in pensione invia ad un giovane diavolo che ha appena cominciato a lavorare sul suo primo "paziente". L’idea sarebbe quella di mostrare tutta la psicologia della tentazione dall’altro punto di vista».Il testo viene scritto velocemente, compare a puntate su un periodico nel 1941 e l’anno seguente in forma di libro. Da quella lontana primavera le riedizioni non si contano e Lewis stesso non riesce a spiegarsi un tale favore del pubblico, se non per il fatto che le tentazioni descritte avevano un riscontro nella sua personale esperienza. Rieditiamo qui il volume unito a ciò che Lewis ha voluto considerare una sorta di seguito. «Mi è stato spesso chiesto», dice, «... di scrivere una continuazione alle Lettere di Berlicche, ma per molti anni non ha avuto il minimo desiderio di farlo... Per quanto fosse facile immedesimarsi nell’ atteggiamento diabolico, non era una cosa divertente... Poi, con il passare degli anni... cominciarono a riaffacciarmisi considerazioni su questo e su quello che in qualche modo parevano esigere un trattamento alla "Berlicche"». Nasce così Il brindisi di Berlicche.
Antologia: Lettere di Berlicche
Da Le lettere di Berlicche di C.S.Lewis (Jaca Book, 1990)
Ricordati che [l’uomo] non è, come te, un puro spirito. Non essendoti mai fatto uomo (Ah! quell’abominevole vantaggio del Nemico!) tu non puoi capire come gli uomini siano schiavi dell’urgenza delle cose ordinarie. Io avevo una volta un paziente, un ateo ben saldo, che era solito recarsi a studiare nella biblioteca del British Museum. Un giorno, mentre stava leggendo, m’accorsi che un certo filo del pensiero cominciava a prendere una direzione sbagliata. Il Nemico, naturalmente, gli fu in un attimo al fianco. Prima che riuscissi a raccapezzarmi, vidi che il mio lavoro di vent’anni cominciava a barcollare. Se, perdendo la testa, mi fossi messo a tentare una difesa per mezzo di una discussione, sarebbe stata finita per me. Ma io non sono così sciocco. Senza perder tempo colpii quella parte che in lui era più di ogni altra sotto il mio controllo, e suggerii che era giunto ormai il tempo di andare a fare un po’ di colazione. […]Uno dei loro poeti, il Coleridge, ha lasciato scritto che egli non pregava «movendo le labbra e piegati i ginocchi», ma semplicemente con «lo spirito composto nell’amore» e indulgendo a «un sentimento di supplica”. Esattamente il genere di preghiera che vogliamo noi. E dal momento che esso presenta una rassomiglianza superficiale con la preghiera del silenzio praticata da coloro che sono assai progrediti nel servizio del Nemico, pazienti intelligenti e pigri possono venire irretiti da un tal genere di orazione per un tempo considerevole. Almeno li si può convincere che la posizione del corpo non ha influenza alcuna sulle loro preghiere; perché essi dimenticano costantemente ciò che tu devi sempre ricordare, vale a dire che sono animali e che qualunque cosa i loro corpi facciano incide sulle loro anime. E’ buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori della loro testa. Se questo non riesce, devi ripiegare sopra un più sottile indirizzo sbagliato della sua intenzione. Ogni volta che essi stanno servendo direttamente il Nemico noi siamo sconfitti, ma vi sono molte maniere per impedire loro di farlo. La più semplice è di stornare il loro sguardo da Lui verso loro stessi. Fa’ in modo che si preoccupino della loro mente tentando di suscitarvi sentimenti per mezzo della volontà. Quando avessero intenzione di chiedere a Lui la carità, fa’ in modo, invece, che comincino a tentare di fabbricarsi da sé sentimenti caritatevoli senza aver coscienza di ciò che stanno facendo. Quando avessero l’intenzione di pregare per ottenere il coraggio, fa’ in modo che dì fatto si sforzino di sentirsi coraggiosi. Quando dicono che stanno pregando per ottenere il perdono, fa’ in modo che si sforzino di sentirsi perdonati…
[..]Non mancare di darmi nella tua prossima lettera un resoconto completo delle reazioni dell’ammalato alla guerra, così che si possa studiare se sarà meglio farlo diventare un estremo patriota oppure un ardente pacifista. Le possibilità sono molte e varie. Intanto mi preme avvertirti di non sperare troppo da una guerra. Naturalmente, una guerra è divertente. L’immediato terrore e la sofferenza immediata degli esseri umani è un ristoro legittimo e piacevole per le miriadi dei nostri affaticati lavoratori. Ma qual beneficio permanente ci può dare, a meno che noi non ne facciamo uso per portare anime al Nostro Padre di Laggiù? Quando vedo la sofferenza temporale degli esseri umani che poi, alla fine, ci sfuggono, provo una sensazione come se mi fosse stato permesso di gustare la prima portata di un ricco banchetto, e poi mi fosse stato negato il resto.
Peggio che non aver gustato nulla. Il Nemico, fedele ai suoi barbari metodi di guerra, ci permette di scorgere la breve sofferenza dei suoi favoriti soltanto per farci struggere e per tormentarci—per beffare la fame incessante che, durante la fase attuale del grande conflitto, ci viene imposta, bisogna ammetterlo, dal suo blocco. Quindi, pensiamo piuttosto al modo di usare che non al modo di godere di questa guerra europea. Poiché vi sono unite certe tendenze che, in se stesse, non sono per nulla favorevoli a noi.
[..]Il fatto che i « diavoli » sono soprattutto figure comiche nella fantasia moderna, ti sarà di aiuto. Se qualche debole sospetto della tua esistenza cominciasse a sorgergli in mente, suggeriscigli la figura di qualcosa vestito con il costume scarlatto, e fa’ in modo di convincerlo che dal momento che non può credere in quella cosa (è un metodo di confondere le loro idee che si trova in vecchi libri di testo), dal momento, dunque, che non può credere in quella cosa, non può credere in te. Non ho dimenticato la promessa di considerare se dobbiamo fare del tuo paziente un estremo patriota o un estremo pacifista. Tutti gli estremi, eccetto la estrema devozione al Nemico, sono da incoraggiarsi. Non sempre, naturalmente, ma sì in questo periodo. Alcune età sono tiepide e compiacenti, ed è nostro affare cullarle in un sonno ancor più profondo. Altre età, delle quali la presente è una, sono squilibrate e pronte alla faziosità, e allora il nostro compito è di eccitarle. Qualsiasi piccola cricca, tenuta insieme da qualche interesse che gli altri ignorano o che dispiace, tende a sviluppare nel suo seno un’ammirazione reciproca, da serra, e verso il mondo esterno un bel po’ d’orgoglio e di odio ai quali si concede senza vergogna perché la « Causa » ne è garante e perché si pensa che quel sentimento sia impersonale. Perfino qualora il gruppetto abbia avuto origine per gli scopi del Nemico tutto quanto ho detto rimane vero. Noi vogliamo che la chiesa sia piccola non solo perché meno uomini conoscano il Nemico, ma anche perché quanti lo conoscono acquistino quell’intensità agitata e quel senso difensivo della propria rettitudine che è la caratteristica delle società segrete e della cricca. La chiesa stessa è, naturalmente, difesa da grosse batterie, e finora non siamo mai riusciti completamente a darle tutte le caratteristiche di una fazione; ma fazioni secondarie nel suo seno hanno prodotto spesso risultati ammirevoli, dai partiti di Paolo e di Apollo a Corinto, giù fino ai partiti della Chiesa Alta e della Chiesa Bassa in Inghilterra… Qualunque strada egli prenda, il tuo compito principale sarà sempre lo stesso. Incomincia con il fargli trattare il patriottismo o il pacifismo come parte della sua religione. Poi, sotto l’influsso dello spirito di partigianeria, fa’ in modo che lo consideri come la parte principale. Poi, senza chiasso e per gradi, curalo in maniera da portarlo al livello nel quale la religione diviene soltanto una parte della « Causa », nel quale il cristianesimo è valutato principalmente per gli argomenti eccellenti che può produrre in favore dello sforzo bellico britannico o del pacifismo. L’atteggiamento dal quale è necessario che tu lo difenda è quello nel quale gli affari temporali vengono trattati soprattutto come materiale per l’obbedienza. Una volta che sarai riuscito a fare del Mondo il fine e della fede un mezzo, avrai quasi guadagnato il tuo uomo, e poco importa il genere dello scopo mondano al quale tenderà. Una volta che i comizi, gli opuscoli, le mosse politiche, i movimenti, le cause, e le cordate, saranno per lui più importanti delle preghiere e dei sacramenti e della carità, sarà tuo—e più seri «religioso» (in quel senso) e più sicuramente sarà tuo. Te ne potrei far vedere una gabbia abbastanza piena laggiù.
[…] Per decidere quale sia il miglior uso che ne puoi fare, devi chiederti qual è l’uso che desidera farne il Nemico, e poi agire all’opposto. Ora, può essere per te una sorpresa venire a sapere che nei suoi sforzi di impossessarsi per sempre di un’anima, Egli si basa sulle depressioni ancor più che sulle elevazioni. Alcuni dei suoi speciali favoriti sono passati attraverso depressioni più lunghe e più profonde di qualsiasi altro. La ragione è questa. Per noi un essere umano è innanzi tutto cibo; nostro scopo è l’assorbimento della sua volontà nella nostra, l’aumento, a sue spese, della nostra area di egoismo. Ma l’obbedienza che il Nemico chiede all’uomo è cosa del tutto diversa. Bisogna guardare in faccia al fatto che tutto quel parlare intorno al Suo amore per gli uomini, e intorno al Suo servizio come perfetta libertà, non è (come si vorrebbe allegramente credere) pura propaganda, ma una terribile verità. Egli vuole proprio riempire l’universo di una quantità di nauseanti piccole imitazioni di Se stesso—creature la cui vita, in miniatura, sarà qualitativamente come la Sua, non perché Egli li assorbirà, ma perché le loro volontà si conformeranno liberamente alla Sua. Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo; Egli vuole servi che diverranno infine, figliuoli. Noi vogliamo assorbire, Egli vuoi concedere in abbondanza. Noi siamo vuoti e vorremmo riempirci; Egli possiede la pienezza e trabocca. La nostra guerra ha per scopo un mondo nel quale il Nostro Padre Laggiù abbia attratto in sé tutti gli altri esseri; il Nemico vuole un mondo pieno di esseri uniti a Lui, ma sempre distinti.Ed è qui che le depressioni entrano in gioco. Ti sarai spesso domandato perché il Nemico non fa maggior uso del Suo potere di essere sensibilmente presente alle anime umane in qualsiasi grado Egli scelga e in ogni momento. Ma ora tu vedi che l’Irresistibile e l’Indiscutibile sono le due armi che la natura stessa del Suo schema gli proibisce di usare. Il semplice dominare la volontà umana (come la sua presenza sentita farebbe certamente in qualsiasi grado che non fosse il più debole e il più mitigato) sarebbe inutile per Lui. Egli non può rapire. Può soltanto corteggiare. Infatti ha l’ignobile idea di mangiare la torta e insieme di conservarla; le creature devono essere una cosa sola con Lui, ma intanto devono rimanere se stesse; puramente annullarle, o assimilarle, non serve. pronto a dominare un pochino all’inizio. Le metterà in moto con comunicazioni della Sua presenza che, quantunque deboli, sembrano grandi per esse, con emozioni dolci, e facendole superare facilmente le tentazioni. Ma non permette mai che questo stato di cose duri a lungo. Presto o tardi ritira, non di fatto, ma dalla loro esperienza consapevole, tutti i sostegni e gli incentivi. Lascia che la creatura stia in piedi sulle sue stesse gambe—a compiere puramente con la volontà doveri che hanno perduto ogni gusto. E’ durante tali periodi di elevazione, che la creatura diventa di quel genere che Egli desidera che sia. Donde le preghiere offerte in uno stato di aridità sono quelle che più gli sono gradite. Noi possiamo strascinare i nostri ammalati con una continua tentazione perché noi li destiniamo solo alla tavola, e maggiori saranno le interferenze con la loro volontà e meglio sarà. Egli non può « tentare »alla virtù come noi tentiamo al vizio. Egli vuole che essi imparino a camminare, e perciò deve tirar via la mano; e purché ci sia veramente la volontà di camminare, Egli sembra gradite perfino il loro inciampare. Non ingannarti, Malacoda. La nostra causa non è mai in maggior pericolo di quando un essere umano, senza più desiderio ma ancora con l’intenzione di fare la volontà del nostro Nemico, si guarda intorno e scorge un universo dal quale ogni traccia di Lui sembra essere svanita, e si chiede perché è stato abbandonato, e tuttavia continua a ubbidire.
[…] Non dimenticare mai che quando stiamo trattando con il piacere, con qualsiasi piacere, nella sua forma sana e normale e soddisfacente, siamo, in un certo senso, sul terreno del Nemico. So benissimo che abbiamo guadagnato un buon numero di anime attraverso il piacere. Tuttavia il piacere è un’invenzione Sua, non nostra. I piaceri li ha inventati Lui. Finora tutte le nostre ricerche non ci hanno reso capaci di produrne neppure uno. Tutto quanto ci è dato di fare è di incoraggiare gli umani a servirsi dei piaceri che il Nemico ha prodotto, nei tempi, o nei modi, o nella misura che gli ha proibito. Per cui noi ci sforziamo sempre di allontanare dalla condizione naturale del piacere per far scivolare in quella che è meno naturale, che ha meno l’odore del suo Fattore, e che è meno piacevole. La formula è questa: una brama che aumenta continuamente per un piacere che continuamente diminuisce. E’ più sicuro; ed è stile migliore. Impossessarsi dell’anima dell’uomo e non dargli nulla in cambio—ecco ciò che riempie veramente di gioia il cuore di Nostro Padre. E i momenti di depressione sono i momenti nei quali cominciare il processo. Ma v’è una maniera ancora maggiore per sfruttare la depressione: fare in modo che l’ammalato ci pensi.
[…]Mio caro Malacoda, è evidente che tutto va bene. Godo soprattutto di sapere che i due nuovi amici gli hanno ora fatto conoscere tutta la compagnia. Son tutta gente, come ho potuto controllare dall’archivio, sulla quale si può fare completo assegnamento: beffardi e mondani ben piantati e sicuri che, senza delitti spettacolari, progrediscono quietamente e comodamente verso la casa di Nostro Padre. Tu parli di loro come di grandi ridanciani. Voglio sperare che ciò non significhi che tu abbia l’impressione che il riso come tale sia in nostro favore. Val la pena di rivolgere l’attenzione su questo punto. Io divido le cause del riso umano in: gioia, allegria, scherzo propriamente detto, e volubilità. La prima la troverai fra amici e persone che si vogliono bene, riuniti alla vigilia di un giorno di festa. Fra le persone adulte si presenta di solito qualche pretesto simile agli scherzi, ma la facilità con la quale il minimo motto di spirito produce il riso in un dato momento è una prova che la vera causa non sono gli scherzi. La vera causa noi la conosciamo. Qualcosa di simile viene espresso in molta di quell’arte detestabile che gli esseri umani chiamano Musica, e qualcosa di simile ha luogo in Cielo—un’accelerazione priva di senso del ritmo dell’esperienza celeste, e completamente opaca per noi. Un riso di questo genere non ci porta nessun vantaggio, e dovrebbe sempre essere sconsigliato. Inoltre quel fenomeno è in se stesso disgustoso, così come è un diretto insulto al realismo, alla dignità, e all’austerità dell’Inferno.
L’allegria è strettamente associata alla gioia—è una specie di spuma emozionale che sorge dall’istinto del gioco. E’ di pochissima utilità per noi. Può essere, naturalmente, usata talvolta per allontanare gli umani da qualcosa che il Nemico desidererebbe far loro sentire o fare; ma in se stesse le sue tendenze sono assolutamente indesiderabili; promuove la carità, il coraggio, il contento, e molti altri mali…
[…]Il tuo paziente è diventato umile; glielo hai fatto notare? Tutte le virtù sono per noi meno formidabili una volta che l’uomo è consapevole di possederle, ma ciò è vero in modo particolare dell’umiltà. Sorprendilo nel momento che ha lo spirito veramente depresso, e contrabbanda nella sua mente la riflessione consolante: «Per Giove! ma io sono umile!» e quasi immediatamente l’orgoglio—l’orgoglio della sua stessa umiltà—farà la sua apparizione. Se s’accorge del pericolo e tenta di soffocare codesta nuova forma d’orgoglio, fallo inorgoglire del suo tentativo—e così di seguito, per tutte le fasi che vorrai. Ma non tentare ciò per troppo lungo tempo, perché c’è pericolo di svegliare in lui il senso dell’umorismo e della proporzione. Nel qual caso ti riderà in faccia, e se ne andrà a dormire. Ma vi sono altre materie utili per fissargli l’attenzione sulla virtù dell’Umiltà. Per mezzo di questa virtù il nostro Nemico vuoi stornare l’attenzione dell’uomo dal proprio io per volgerla verso di Sé e verso il prossimo. Tutta l’abiezione e l’odio di sé vengono diretti, in fin dei conti, a questo scopo; e, fin quando non lo raggiungono, ci possono recare poco danno. Possono perfino esserci utili, se tengono l’uomo preoccupato di sé, e, soprattutto, se il disprezzo per la propria persona può venir preso come punto di partenza per il disprezzo della persona degli altri, e di conseguenza per la musoneria, il cinismo, e la crudeltà. Bisogna perciò che tu nasconda al paziente il vero scopo dell’Umiltà. Non deve ritenerla dimenticanza di sé, ma una certa opinione (cioè una bassa opinione) dei suoi talenti e del suo carattere. Mi pare che alcuni talenti li abbia davvero. Piantagli in mente l’idea che l’umiltà consiste nello sforzarsi di credere che quei talenti valgono meno di quanto egli crede che valgano. Senza dubbio è vero che di fatto valgono meno di quanto crede, ma ciò non ha importanza. Ha invece importanza fargli valutare un’opinione per un aspetto diverso della verità, introducendo in tal modo un elemento di disonestà e di pretesa nel cuore di ciò che altrimenti minaccia di diventare una virtù. Con questo metodo migliaia di uomini sono stati indotti a pensare che l’umiltà significa donne carine che si sforzano di credersi brutte e uomini intelligenti che si sforzano di credersi sciocchi….Al fine di prevenire la strategia del Nemico dobbiamo considerare i suoi scopi. Ciò che il Nemico vuole è di portare l’uomo a uno stato mentale nel quale egli possa concepire la miglior cattedrale del mondo, e sapere che si tratta della migliore, e goderne, senza essere più (o meno) o altrimenti contento di averla fatta lui, che se fosse stata fatta da un altro. Il Nemico vuole che, alla fine, sia libero da ogni pregiudizio in suo favore, talmente libera saper godere dei suoi propri talenti con la stessa gratitudine che dei talenti del suo prossimo della levata del sole, o di un elefante, o di una cascata. …ma la Sua lungimirante politica consiste nel fatto, temo, di ridonare loro un nuovo genere di amor proprio—una carità e una gratitudine per tutte le persone, compresa la propria. Quando avranno veramente imparato ad amare il prossimo come se stessi, sarà loro permesso di amare se stessi come il prossimo. Non dobbiamo mai dimenticare ciò che è il tratto repellente e inesplicabile del nostro Nemico: Egli ama veramente quei bipedi spelati che ha creato e sempre restituisce con la destra ciò che ha tolto con la sinistra. Tutto il suo sforzo consisterà dunque nel tener la mente dell’uomo del tutto lontana dall’argomento del suo valore. Preferisce che l’uomo si creda un grande architetto e un grande poeta, e poi se ne dimentichi, anziché egli spenda molto tempo e molta fatica nello sforzarsi di essere un architetto o un poeta da nulla.I tuoi sforzi di istillare la vanagloria o la falsa modestia nel paziente saranno attaccati da parte del Nemico con il naturale suggerimento che, di solito, non si esige che un uomo abbia un’opinione dei suoi talenti, dal momento che può benissimo continuare a migliorarli al massimo senza decidere in quale precisa nicchia del tempio della Fama si trovi. Devi fare ogni sforzo per allontanare un tale suggerimento dalla consapevolezza del paziente. Il Nemico si sforzerà pure di rendere reale nella mente del paziente una dottrina che tutti gli uomini professano ma che riesce loro difficile conciliare con i sentimenti—la dottrina che essi non hanno creato se stessi, che i loro talenti sono stati dati loro, e che tanto varrebbe essere orgogliosi del colore dei capelli.
[..]Musica e silenzio—li detesto mortalmente tutt’e due! Quanto grati dobbiamo sentirci che, da quando Nostro Padre è entrato nell’inferno—quantunque sia trascorso molto più tempo di quanto gli esseri umani possano calcolare, contando in anni di luce—nessun pollice quadrato di spazio infernale, nessun attimo del tempo infernale, sia stato circondato da alcuna di codeste forze abominevoli, ma tutto sia stato occupato dal Rumore—il Rumore, grandioso dinamismo, espressione udibile di tutto quanto è esulante, spietato, virile—il Rumore, che solo ci difende da stupidi rimorsi, da scrupoli disperanti, da desideri irraggiungibili. Noi vogliamo, infine, fare di tutto l’universo un rumore. Abbiamo già fatto grandi passi in quella direzione per ciò che si riferisce alla terra. Le melodie e i silenzi del cielo verranno in fine soverchiati dai gridi. Ma devo ammettere che finora non siamo ancora rumorosi abbastanza, ne siamo anzi lontani.

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